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È ora di chiudere temporaneamente il sipario, la tenda che nasconde negli intervalli la parte della scena e la stessa tenda che isola la sala dal palcoscenico in caso di incendio. È ora di calare il sipario sulla spettacolarizzazione di feste abusive, rave e free party in Svizzera Italiana.
Per quanto riguarda il nostro territorio, feste simili ci sono sempre state, come in ogni altro luogo, molte generazioni prima di noi hanno sentito l’esigenza di creare momenti di aggregazione il più possibile liberi da vincoli morali, sociali, istituzionali. I free parties, ormai definiti dai più “rave illegali”, sono particolari situazioni di festa basate sul concetto di T.A.Z. (Temporary Autonomous Zone, concetto esposto da Hakim Bey nell’omonimo libro).
La free tekno rappresenta una spirale creativa, uno squarcio nello spazio-tempo, che dal nulla si crea e nel nulla si dissolve per riapparire in un altro spazio-tempo, una dimensione nella quale si ha la possibilità di esprimersi liberamente, anche portando dubbi e disagi per confrontarsi con gli altri trovando un po’ di serenità, uno spazio aggregativo in cui non ci si senta soli, abbandonati o giudicati come spesso capita in questa società. Una situazione in cui la fantasia e l’inventiva degli individui è chiamata a sprigionarsi e dove poter portare le proprie autoproduzioni (cibarie, musica, indumenti, ornamenti, rappresentazioni teatrali, arti visive, spettacoli col fuoco/circensi,…).
Tutto questo è possibile guardandosi dentro, per capire come scatenare la propria essenza, siamo tutti parte della natura, in grado di connetterci e seguire il flusso; creiamo e sperimentiamo in maniera genuina e spontanea. La capacità di gestirsi autonomamente insieme all’autoproduzione stanno alla base, il sound system e la musica sono parte della spirale, non la spirale stessa!
Da diversi anni questo movimento, in molte occasioni, è stato amputato delle proprie radici a causa di comportamenti e mancanze che ne snaturano forma e motivazioni per cui queste situazioni si vengono a manifestare; un lento declino, dovuto non solo alla carenza di autogestione, ma anche alla scarsità di comunicazione su tematiche culturali e di contro-informazione, con la conseguente inconsapevolezza ed incoscienza, aumentate in proporzione alla facile reperibilità degli eventi: centinaia di foto e video messi in vetrina sui social, raduni basati su business, consumismo smodato e ignorante creano situazioni deleterie, non “free party”, perché ne mancano le fondamenta.
Questo ha portato al dilagare di incoscienza, passività e menefreghismo, è preoccupante l’andazzo di trovare sempre meno persone in grado di gestire sé stesse ed empatizzare con chi o cosa hanno intorno, modi di fare insidiosi e fuorvianti, che trascinano situazioni a livelli imbarazzanti di declino e che denotano una mancanza di coscienza e di empatia allarmante.
È passato qualche tempo da quel maledetto evento, il 26 novembre 2022 alla diga della Roggiasca, teatro di un grave episodio in cui purtroppo una ragazza ha perso la vita. Tempo nel quale abbiamo deciso di rimanere in silenzio, ma non uno di quei silenzi vuoti… Un silenzio pieno di domande, di rabbia, di confronto, di raccoglimento e di pensieri. Non è mai esistito un collettivo dietro a questo evento mal gestito. Nascondersi dietro parole e nomi che rimbombano imponenti e fuori portata non servirà a nulla e non cambierà quanto accaduto.
Qui nessuno vuole dimenticare o far passare in sordina qualcosa che ha toccato tutte e tutti.
Ci sono delle indagini in corso, annunciano i giornali, si tratta di suicidio sussurra qualcuno, mentre mormorii e voci di corridoio si sono rincorsi attraverso il fragore mediatico per un paio di settimane.
E ora? È necessaria una presa di posizione e un apporto maggiore di consapevolezza, al fine di far convergere le energie necessarie per creare situazioni veramente libere dalla schiavitù moderna.
Dovrebbero avvenire delle riflessioni che vadano oltre chiunque frequenti una situazione autogestita, se le pratiche non sono in grado di creare tra i partecipanti la solidarietà reciproca atta ad evitare una tragedia. Pensando alle pratiche, riteniamo particolarmente importanti quelle volte alla messa in sicurezza del luogo della festa e di chi vi partecipa.
Informatevi sempre sul luogo in cui state andando, per stare bene e godervi la situazione portate il necessario e qualche scorta, che magari nemmeno userete, ma che potreste condividere con chi ne ha bisogno in quel momento (vestiti adatti alle condizioni atmosferiche, torce o frontaline, CIBO, ACQUA e fonti di calore/refrigerio a seconda dell’esigenza…).
È inoltre essenziale la comunicazione degli intenti che stanno alla base di questi eventi autogestiti.
Che cosa si vuole comunicare? Il movente di un free party è sociale e culturale, MAI una semplice occasione di business individuale: se un evento non possiede queste caratteristiche, non può essere considerato tale. Sono ritrovi basati sull’aiuto reciproco, sul divertimento, sulla passione per la musica indipendente, sul RISPETTO indiscriminato e dove è possibile creare momenti di condivisione per divertirsi e sviluppare una coscienza critica. Trovarsi in un luogo “abbandonato” e spegnere completamente il cervello può creare problemi e situazioni di pericolo. Serve avere rispetto innanzitutto verso sé stessi, ascoltare il proprio corpo, sentire quando manda segnali, e soprattutto DARGLI RETTA. L’inconsapevolezza non porta a nulla!
L’uso di sostanze alteranti è presente in ogni contesto e non è solo prerogativa dell’essere umano.
Non crediamo nella demonizzazione del fatto, anzi, reprimendo o trascurando il fenomeno non si fa altro che alimentare l’ignoranza, senza la minima idea di cosa significhi uso, uso consapevole, abuso; chi ha mai sentito parlare di psiconautica?
Sono spesso assenti i servizi statali di “prevenzione e riduzione del danno”, che temporeggiano e, senza essersi creati le dovute condizioni (tutela della privacy di chi organizza, presenza costante sul territorio anche in altre tipologie di situazioni per capire le tendenze giovanili in ambito del divertimento notturno), non vogliono saperne più di tanto d’immischiarsi in raduni non autorizzati.
È necessaria una rete informativa e un punto di riferimento concreto, presente e attrezzato per quanto riguarda la riduzione del danno. Se durante un evento si rende necessario l’intervento di un’unità medica, bisogna agire tempestivamente per far sì che arrivi sul posto il prima possibile senza intralci. Queste pratiche riguardano chiunque, “la festa sei tu” non è solo uno slogan.
Una società in cui il sopravvivere quotidiano deresponsabilizza, annichilisce e offre solo un monotono “tic – tac” scandito tra casa e lavoro (o scuola), riprendere in mano la propria unicità e la capacità di decidere per sé anche insieme ad altre individualità coltivando i propri interessi, è un gesto significativo e di straordinaria bellezza.
Riuscire ad evadere da certi schemi, modelli di divertimento e di vita imposti che stanno stretti in troppi frangenti, immaginare e creare un mondo diverso, seppur temporaneo, diventa un’esigenza.
Auspichiamo che l’esperienza ci serva da lezione, che sia forte la voglia di spaziare verso una conoscenza più approfondita e un uso più attento delle espressioni, di ritrovare empatia e spontaneità di modo che si faccia chiarezza su ciò che si intende manifestare attraverso modalità consapevoli. Autogestione non vuol dire abnegazione di ogni pensiero o ragionamento, anzi, solo mettendo in atto certe pratiche si può creare un rave illegale, un free party, una zona temporaneamente autonoma; non bastano flyer e nomi accattivanti, casse colorate e musica orecchiabile, servono particolari premesse utili a creare un ambiente autogestito.
Costellazione Sotterranea
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